La privacy in Italia è uno strumento da tirare a destra e a manca a seconda delle convenienze. Oggi, a causa dell’emergenza Covid-19, essa è diventata una Cenerentola. Capisco che sia in ballo la salute collettiva, e allora d’accordo per guanti e mascherina, ma che la commessa del super possa misurarmi la temperatura, mi sembra un po’ eccessivo. Sta già succedendo che le persone in quarantena o perché positive oppure perché venute a contatto con persone positive, siano diventate motivo del ciarlare dei vicini. E stendiamo un velo pietoso su quelli che si aggirano con i telefonini per scattare a foto a chi – secondo loro – non rispetta le restrizioni. Mi piacerebbe sapere se sono altrettanto solleciti quando si tratta di denunciare il professionista o l’artigiano che chiede di essere pagato in nero. Quando venne introdotta la prima legge nel 1996, per noi giovani cronisti fu il caos. Tutte le mattine facevamo il giro di nera (carabinieri, vigili del fuoco…) per sapere se era successo qualcosa, da quel momento nessuno più dava informazioni in nome della privacy. Poi, per fortuna, sono prevalsi il diritto di cronaca, e forse il buonsenso, e la cosa si è ridimensionata. Ma, mettiamocela via, carte di credito, telefonini e tutor autostradali non lasciano scampo.
© 2020 Romina Gobbo
pubblicato su Facebook e LinkedIn – mercoledì 15 aprile 2020
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