
Fedeli in preghiera davanti alla statua della Madonna di Monte Berico
È stata tutta dedicata alla figura della donna nella Chiesa l’omelia di mons. Agostino Marchetto, che ieri ha celebrato, nel Santuario di Monte Berico, la Messa solenne delle 11, in omaggio alla Madonna Madre di Misericordia, dal 1978 patrona della diocesi di Vicenza. «Leggiamo la questione femminile in termini funzionali – ha detto l’arcivescovo di origini vicentine, citando papa Francesco -, dimenticando che in termini invece di importanza, Maria ha un ruolo e una dignità superiore a quella degli apostoli». La devozione alla Madonna di Monte Berico risale al 1428, quando una “bellissima donna” apparve ad un’umile contadina, Vincenza Pasini. Erano anni in cui Vicenza era flagellata dalla peste. “Ma la malattia andava decrescendo mano a mano che si innalzava il tempio sacro”, si legge nelle cronache dell’epoca. Il Covid non ha fermato i fedeli, anzi, ne sono arrivati tantissimi, fin dalle prime ore del mattino, ha detto padre Gino Alberto Faccioli, direttore Istituto di Scienze religiose “Santa Maria di Monte Berico”: «Tutte le Messe sono state partecipate, anche se ovviamente con il distanziamento. Pertanto, abbiamo potuto far accedere al Santuario per ciascuna celebrazione 200 persone, mentre la capienza sarebbe di 500». In tempi normali significa che l’8 settembre, festa della natività della Madre di Gesù, a Monte Berico arrivano 60-70mila fedeli. «La paura è una cosa che può trattenere dall’andare, ma può anche essere un motivo per andare – ha detto mons. Marchetto, che recentemente ha compiuto ottant’anni e festeggia quest’anno i 35 anni di episcopato -. Un doppio significato, dunque. Noi vogliamo dare forza al significato positivo, perché sempre abbiamo bisogno dell’intercessione della Madonna con questo titolo di Madre di Misericordia (aggiunto alle litanie poche settimane fa) che, sotto il suo manto, è capace di accogliere tutti, buoni e non buoni. La nascita di Maria ci dice che alle tenebre del peccato e della paura si sostituisce la luce dell’amore. Lasciamoci convertire da questa luce di grazia». A causa delle limitazioni dovute alle norme sanitarie vigenti, non si è potuta tenere la sera del 7, vigilia della festa, la tradizionale processione guidata dal vescovo Beniamino Pizziol, che dalla cappella del Cristo sale al Santuario. Tuttavia, mons. Pizziol ha presieduto una veglia di preghiera in basilica davanti all’immagine della Madonna, durante la quale ha presentato il suo Messaggio alla Diocesi, intitolato “Che ne è della nostra casa?” che, come da consuetudine, apre il nuovo Anno pastorale. Il testo inizia con una meditazione sul brano evangelico della casa costruita sulla roccia e prosegue con l’invito ai fedeli a dedicare un tempo di riflessione e discernimento all’esperienza dell’epidemia, che ha “messo in risalto la nostra completa e totale vulnerabilità”, ma anche “tanti gesti di solidarietà”. “Nell’isolamento – conclude – abbiamo riscoperto l’importanza delle relazioni: noi siamo le relazioni che costruiamo. Questo significa riscoprire la comunità”.
© 2020 Foto e testo di Romina Gobbo
pubblicato su Avvenire – Catholica – giovedì 10 settembre 2020 – pag. 17