“Chi vende le armi ai terroristi?” La domanda viene da papa Francesco all’indomani del viaggio in Iraq. Chi, se non lui, poteva andare così al sodo? Questo stile diretto è suo fin dall’inizio del Pontificato; allora egli disse: “c’è chi finge di fare la pace e poi vende le armi sottobanco”. E oggi nell’intervista a Domenico Agasso de’ La Stampa: “Non è più sopportabile che si continuino a trafficare armi, spendendo ingenti capitali che potrebbero essere usati per curare le persone”. Sottolinearlo in tempi di pandemia, è ancora più forte. Domani saranno 10 anni di guerra in Siria. Ad ottobre 20 dall’invasione americana dell’Afghanistan. L’uccisione del nostro ambasciatore Luca Attanasio nella RDC, ha scoperchiato la pentola dell’Africa in mano ai gruppi criminali di varia matrice. Sono angoli di mondo dove l’altra faccia (paradossale) di una crisi umanitaria cronica, è il numero impressionante di armi, a disposizione pressoché di tutti. In Sud Sudan un kalashnikov non si nega a nessuno. Pure in Etiopia, all’ingresso degli alberghi, la gente deposita le armi, che molti detengono. Ad armare l’Africa si dice abbiano contribuito i depositi di Gheddafi, depredati alla sua morte. La domanda “da dove vengono le armi” esige una risposta immediata.
© 2021 Romina Gobbo
pubblicato su LinkedIn e Facebook – 14 marzo 2021
6