Monselice. La piccola Roma sui colli Euganei

È il 1605 quando il nobile veneziano Duodo si reca a Roma per chiedere a Paolo VI di concedere l’indulgenza plenaria ai pellegrini in visita alla chiesa di San Giorgio, prospiciente alla sua dimora, sul monte che sovrasta Monselice, cittadina medievale a una ventina di chilometri da Padova. Per una maggiore sacralità del luogo, si impegna a far costruire sei cappelle votive e a dedicare l’intero complesso alle sette basiliche di Roma: un breve percorso religioso, caratterizzato da preghiere rituali, che si conclude proprio nella chiesa di San Giorgio, dove il dipinto su tela del soffitto, raffigurante Maria Assunta al cielo, circondata dai Santi titolari delle Sette Chiese, ne determina l’indole mariana. Con Bolla papale datata 12 novembre, il privilegio viene accordato con durata illimitata e rende il complesso oggi conosciuto come Santuario delle Sette Chiese, un unicum in Italia e nel mondo.

«Si tratta di un prezioso tesoro artistico e teologico, ma poco capito – spiega il rettore, don Paolo Marzellan, che è anche parroco del Duomo di Monselice, della cui parrocchia il santuario fa parte -. Ricevo tante telefonate con richieste di informazioni, ma per lo più turistiche, quasi mai religiose», allarga le braccia. «Il luogo è sempre affollato, ma le motivazioni nel 99% dei casi sono la passeggiata, la vista sulla città dalla terrazza-belvedere, la biciclettata, non la ricerca spirituale, come dovrebbe essere per un santuario che si pregia di essere una Roma minor, tanto che a chi viene in pellegrinaggio vengono rimessi i peccati».

FAR PACE CON LA SANTA SEDE

Quando Duodo, ambasciatore della Serenissima presso la Santa Sede, si recò da papa Paolo V, c’erano parecchie tensioni fra lo Stato Pontificio e Venezia, che poco gradiva le intromissioni del Vaticano. Di lì a poco lo Stato veneto sarebbe stato colpito da un Interdetto, ovvero una sorta di scomunica collettiva. In questo contesto, “non può sfuggire il dirompente senso politico di un santuario che stabiliva in terra veneta la pratica del pellegrinaggio alle Sette Chiese”, si legge nel volumetto “Santuario giubilare delle Sette Chiese – Sacro Monte di Monselice”, curato dallo storico locale Riccardo Ghidotti.

Al percorso sacro si accede tramite un portone monumentale – detto “Porta Romana” – sormontato dalla scritta “Romanis Basilicis Pares”. Vi si possono ammirare due opere in bronzo della scultrice Jone Suardi, a ricordo del Giubileo del 2000 indetto da papa Giovanni Paolo II e dell’Anno Santo della Misericordia indetto da papa Francesco. Entrando, sul lato sinistro, frutto del progetto dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, ecco le sei piccole chiese votive intitolate a Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le Mura, San Sebastiano, i Santi Pietro e Paolo. La settima chiesa è dedicata a San Giorgio, che nulla c’entra con le basiliche romane, ma molto con il fatto che i Duodo avevano anche incarichi militari e il santo che sconfigge il drago è tradizionalmente un patrono dei soldati. La chiesa di San Giorgio, il punto di arrivo del santuario, si trova nel piazzale antistante villa Duodo, e guarda verso la grande scalinata in marmo, culminante in un’esedra dedicata a san Francesco Saverio, in ricordo di un soggiorno del missionario gesuita in questi luoghi, nel 1537.

MEMORIA DEI MARTIRI

La chiesa di San Giorgio custodisce le reliquie di venticinque martiri cristiani, tra cui san Valentino. «Quella legata a san Valentino è una bella tradizione devozionale – riprende il rettore -. Oggi questo santo ci fa pensare alla festa degli innamorati. Ma nel passato non era così. La tradizione lo vuole protettore dei bambini dall’epilessia. Il 14 febbraio, chi arriva qui riceve una chiavetta, benedetta, con l’effige del Santo, che si dice fosse un sistema per tenere bassa la lingua quando i bambini venivano colpiti dalle convulsioni, e quindi se ne evitava il soffocamento. Oggi essa aiuta simbolicamente ad aprire la porta del paradiso».

Questi corpi dei santi provengono dalle catacombe di Roma. I nomi sono di fantasia, gli abiti ottocenteschi, ma le ossa sono di persone vissute nel terzo secolo, come documentato da una ricognizione di esperti dell’Università di Padova. Questo “paesaggio devozionale”, raccontato nelle loro opere da scrittori come Gian Antonio Cibotto, Tonino Guerra e Fulvio Tomizza, si completa con l’antica pieve di Santa Giustina. Essa accoglie i pellegrini prima della salita finale verso il santuario. Qui Francesco Petrarca nel 1361 fu creato canonico di Monselice.

VERSO IL GIUBILEO

«L’obiettivo è cercare di valorizzare al meglio il santuario delle Sette Chiese, anche in vista del Giubileo del 2025, fissando una data annuale per il pellegrinaggio giubilare, dice il parroco. «Quest’anno proviamo l’ultima domenica di settembre, partendo dal santuario fino al Duomo in centro città, con l’acquisizione dell’indulgenza plenaria per chi vi parteciperà. Ma, per far conoscere il luogo, servono cartellonistica e pannelli esplicativi. E poi questa è zona a traffico limitato, non si può arrivare con l’auto; d’altra parte, salire a piedi è impegnativo. Anche il Comune dovrebbe fare la sua parte, mettendo a disposizione un bus navetta. A me, inoltre, farebbe piacere che nascesse una confraternita che si prendesse a cuore il santuario, soprattutto dal punto di vista spirituale, promuovendo la recita del rosario, momenti di preghiera, di catechesi…, così che finalmente il Monte Sacro di Monselice possa godere del riconoscimento che merita».

© 2022 Romina Gobbo 

pubblicato su Credere - 4 settembre 2022 - pagg.54, 55, 56 e 57

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