«Mi dispiace solo che per la prima volta da 42 anni non sarò tra i figuranti, perché mi devo occupare dell’organizzazione. Gestire un migliaio di persone, di cui 650 figuranti, è piuttosto impegnativo». Simone Bucco, 49 anni, presidente della Pro Marostica, partecipa alla celebre Partita a scacchi viventi da quando di anni ne aveva sette. Comico, paggetto, armato, gentiluomo, frate: è cresciuto dentro i costumi di scena. Come lui, buona parte dei 14mila abitanti della città di Marostica (Vicenza) che, entusiasti, anche quest’anno si sono presentati numerosissimi alle selezioni.
Marostica è famosa in tutto il mondo per la grande scacchiera inserita nel 1954 nel pavimento di piazza Castello. Contornata da una cornice di basalto, misura 16 metri di lato e presenta 64 caselle di 4 mq ciascuna, ottenute con marmo rosa e biancone dell’Altopiano di Asiago. Su questa opera d’arte, con cadenza biennale, si svolge la partita che si rifà alle leggende trecentesche della Repubblica Veneta. Entrambi innamorati della bella Lionora, figlia del castellano Taddeo Parisio, i nobiluomini Vieri da Vallonara e Rinaldo da Angarano si sfidano per ottenere la sua mano. Ma, poiché un editto del governatore vietava i duelli all’arma bianca, la soluzione fu quella di una partita al “nobil ziogo”, perché il «valore non è nelle armi, ma nell’ingegno». Messaggio prezioso di questi tempi.

Proposta dal locale Circolo scacchistico, questa “singolar tenzone” dura intorno ai venti minuti, e deve concludersi con un minimo di 16 e un massimo di 20 mosse. I due contendenti giocano a scacchi da sopra un ariete, l’araldo amplifica le mosse, le pedine si muovo sulla scacchiera. Il contorno è un turbinio di dame, cavalieri, paggi, ancelle, alabardieri, vessilliferi, musici, giocolieri, saltimbanchi e mangiafuoco, tutti volontari, a parte 4, 5 attori professionisti, e tutti rigorosamente marosticensi.

Quest’anno la manifestazione ritorna da oggi a domenica; il venerdì e il sabato alle 21, la domenica anche alle 17. «Le rappresentazioni serali sono particolarmente suggestive – continua Bucco -, perché ci sono in più l’incendio della scacchiera e lo spettacolo pirotecnico; d’altra parte, la domenica pomeriggio il chiarore permette di vedere bene i bellissimi costumi medievali non i loro colori naturali, i decori, i preziosi inserti di swarovski. Grazie al lavoro della nostra sartoria e di una bottega veneziana di cui ci serviamo, quest’anno ne abbiamo sessanta di nuovi, ovviamente riprodotti come da sceneggiatura originaria del 1954 di Mirko Vucetich, che della partita fu autore, scenografo, costumista e regista, fino a metà degli anni Settanta. Dal 2012 il regista è il drammaturgo Maurizio Pacini».
Gli oltre 3.500 posti a sedere sono già esauriti per tutti e tre i giorni, un ottimo risultato per una manifestazione la cui spesa si aggira sui 600mila euro. Gli spettatori sono americani, messicani, cileni, australiani, brasiliani, danesi, finlandesi…: il 50% di chi ha acquistato il biglietto è straniero. «Mancano quest’anno, per ovvi motivi, russi e ucraini, per il resto il giro del mondo è assicurato – conclude il presidente -. La partita favorisce l’economia di tutto il territorio, fungendo da indotto per il turismo. E le tournée che abbiamo fatto, dalla Germania al Canada, hanno contribuito a farci conoscere. Nel 2023 ci aspetta il Brasile».
L’umore è a mille, l’euforia è palpabile, la storia prende il sopravvento. Perché, come ebbe a dire un figurante: «Noi non indossiamo un costume, siamo figuranti di un’altra epoca».

© 2022 Romina Gobbo pubblicato su Avvenire - venerdì 9 settembre 2022 - Spettacoli - pag. VII