La recensione. Quel prelato peccatore e poi martire

Si dice ateo, ma riconosce che «c’è qualcosa oltre a te, sopra di te». Forse per questo Moni Ovadia ha interpretato con grande pathos il ruolo di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, ucciso nella “sua” cattedrale nel 1170, in una congiura ordita per la sua ostilità a re Enrico II. “Assassinio nella Cattedrale” di Thomas Eliot è andato in scena in prima nazionale al Teatro Olimpico di Vicenza il 22 settembre, per la regia di Guglielmo Ferro. Ovadia ha saputo ben incarnare un alto prelato, che ha vacillato per la smania di potere, ma che poi ha scelto la fede assoluta, fino al sacrificio. E la Chiesa lo ha proclamato santo. Un dramma vivo perché ci parla delle debolezze dell’anima e della necessità della pace. Non serve scenografia, perché il focus è sul martirio, «che nessuno cerca, è un disegno di Dio». La presenza scenica dell’arcivescovo Ovadia, con barba e capelli bianchi, ricorda l’iconografia del Cristo, altre volte, quando indica col dito, quella del Battista. Ottimo il coro femminile.

© 2022 Romina Gobbo 

pubblicato su Famiglia Cristiana n. 40 - domenica 2 ottobre 2022 - Spettacoli - pag. 89
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