Cresce la domanda di hospice, ma “Casa Santa Chiara” deve chiudere

«È davvero brutto quando tu chiedi aiuto e nessuno risponde. Abbiamo lottato con le unghie
e con i denti, ma abbiamo dovuto arrenderci. Evidentemente chi rappresenta la nostra Repubblica non
sta rimuovendo gli ostacoli “che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, come dice la Costituzione». Suor Claudia Berton, delle suore Francescane Elisabettine, nei giorni scorsi ha inviato ad Avvenire una lettera accorata. Dopo ventotto anni, la congregazione religiosa ha dovuto chiudere la struttura che oggi accoglie l’hospice “Casa Santa Chiara”». Era stata aperta nel 1994 a Padova
dopo la beatificazione della fondatrice, Elisabetta Vendramini, inizialmente per accogliere i malati di Aids, e dal 2006 per accompagnare malati in fase terminale. «Si tratta di una struttura accreditata, che opera per conto del Sistema sanitario regionale, e gratuita per l’utenza – chiarisce suor Claudia –. La Regione eroga 210 euro giornaliere per posto letto, ma solo quando occupato. Mentre gli stipendi – giustamente – vanno pagati ogni mese. Parliamo di 25 persone, 20 a contratto pieno, alcuni a part time. Sulla base della graduatoria stilata dall’Ulss 6 Euganea, abbiamo accolto oltre 2.000 persone di tutte le età,
storie segnate dal dolore, volti che non dimenticheremo. Il libro posto all’ingresso testimonia l’affetto delle tante famiglie che negli anni si sono rivolte a noi».

Data la mancanza di risposte alle richieste di aiuto, dal 1° ottobre la struttura ha “abbassato le serrande”, come da dichiarazione della superiora generale, suor Maria Fardin, pubblicata nel sito. «Dal 13 dicembre 2021, quando è stata inviata la prima lettera ufficiale, tutti erano al corrente della situazione drammatica, dal punto di vista economico e, quindi in termini di risorse umane – dice ancora suor Claudia –. Lo sapevano il presidente Luca Zaia, così come i dirigenti della Ulss 6 Euganea, i servizi sociali, il sindaco di Padova. Questa indifferenza resta per noi l’amarezza più grande». «Dal 2006 a oggi i costi sono notevolmente aumentati, perciò già da un annetto si profilava la chiusura. Non è stato un fulmine a ciel sereno, come si vorrebbe far credere. Noi speriamo solo che la Regione prenda atto dell’importanza degli hospice, affinché altri possano continuare a funzionare», afferma suor Lia Ragagnin.
Il 1° settembre Casa Santa Chiara ospitava ancora undici pazienti, dal 5 non sono stati più accettati nuovi ingressi, ma il 26 c’erano ancora pazienti, trasferiti nell’altro hospice di Padova, il “Paolo VI”. Ma i posti sono insufficienti rispetto al continuo aumento delle richieste di cure palliative. «Pallium significa mantello – conclude suor Claudia –. Lo scorso anno abbiamo chiesto alle famiglie di realizzare mattonelle di lana; con questo patchwork abbiamo colorato le nostra mura. Ma adesso, chi poserà questo “mantello della cura e della dignità” sulle spalle dei sofferenti?»

© 2022 Romina Gobbo 

pubblicato su Avvenire - giovedì 6 ottobre 2022 - pag. 15
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