Niente pigiama, niente piumino, niente allacciamento alla rete del gas, niente antiestetici termosifoni o split alle pareti. Siamo a Spinea (Venezia), nella casa del giornalista Giorgio Malavasi, progettata dall’architetta Denise Tegon, specializzata nell’edilizia ad alta efficienza energetica. A questo ecosistema green, dove Giorgio vive con la famiglia da poco più di un anno, contribuisce anche quello che lui chiama “effetto amicizia”. È quel fenomeno termico per cui l’insieme di più persone contribuisce a scaldare l’ambiente.
«Noi siamo tutti delle affettuose stufette a 37 gradi. In una casa tradizionale, l’affettuoso calore dopo un po’ se ne va, soprattutto d’inverno. Invece, in una casa ben coibentata, l’affettuoso calore viene trattenuto». Giorgio racconta così, in maniera simpatica, la scelta della sua famiglia di vivere in una casa passiva, ovvero in un edificio che si riscalda senza (o quasi) l’apporto di forniture energetiche esterne. «Abbiamo creato le nozze fra terra e sole – aggiunge -. Nel sottosuolo la temperatura è tra i 12 e i 15 gradi tutto l’anno. A un metro e mezzo di profondità è stata inserita una tubazione a serpentina dentro cui scorre un liquido che assume la temperatura del sottosuolo; la serpentina poi entra in una scatola nera situata in casa, dove incontra l’aria aspirata dall’esterno. A quel punto, si fa passare quell’aria in un’altra scatola, dove si sposa con quella che arriva dal fotovoltaico. La compensazione tra l’aria più calda e quella più fresca dà 21 gradi, che è la temperatura costante della casa, in tutti i suoi 160 metri quadri. Tutto ciò è possibile solo se c’è un buon isolamento, qui ottenuto grazie a serramenti in legno che non lasciano passare spifferi, sui quali sono montate finestre a triplo vetro, che non vanno mai aperte. Dai vetri entrano i raggi del sole. Energia che, una volta dentro, non scappa più. D’estate, invece, mi devo proteggere, quindi devo schermare attraverso dei frangisole, che impediscono al calore di entrare, ma non alla luce».
Ma con le finestre chiuse ad un certo punto l’aria diventerà irrespirabile. «No, perché un sistema di ricircolo continuo, cambia ogni mezz’ora l’aria di tutto l’edificio. Due bocchette per stanza da dove esce un alito d’aria ininterrotto». A completare il quadro, le energie alternative. «Sul tetto ho 27 pannelli fotovoltaici da 10 kilowatt. Se c’è il sole, consumo l’energia corrente e il resto viene stivato in batterie da 16 kilowatt. Quando è buio o nuvoloso, uso le riserve. D’inverno sono autonomo per circa il 55% dei consumi, il resto lo compro da Enel. D’estate, sono io invece che vendo ad Enel, che qualcosa mi paga. Se si trattasse solo di energia, potrei tranquillamente dire di essere a consumi zero. Invece, calcolando l’acqua e i rifiuti, i miei costi vivi sono sui 200 euro l’anno, ovvero 50 centesimi al giorno. Insomma, questa è una casa che dà molti vantaggi in termini di comfort, e garantisce bollette dimezzate. Inoltre, in questi mesi ho evitato di immettere nell’aria 6.265,2 Kg di CO2. È come se avessi piantato un boschetto di 187 alberi».

Ma Malavasi non è partito dal calcolo del vantaggio economico, bensì dal principio di non voler sprecare, condiviso dalla moglie Daniela e dai figli Francesco e Giulio. Questo ha significato acquistare un rustico fatiscente, salvare il salvabile (mattoni, tegole e tavelle), e procedere alla ristrutturazione. «Tecnicamente – specifica l’architetta Tegon -, si tratta di una demo ricostruzione. Vuol dire che non è stato consumato neanche un centimetro quadrato di terreno vergine, non sono stati modificati né la forma, né il volume. Lo spazio occupato dall’edificio tale è rimasto». Un lavoro che, in concreto, è durato da marzo a luglio 2021. «In questo settore è la squadra che vince – sottolinea la Tegon -. Da sola farei solo dei bei disegni ma, senza degli ottimi artigiani, non sarebbe stato possibile realizzare la casa in cinque mesi. Poi servono materiali di qualità. Questi pannelli fotovoltaici hanno un decadimento del loro rendimento estremamente basso, così anche le batterie. Per i prossimi cinquant’anni Giorgio può stare tranquillo. Questa casa invecchierà molto più lentamente di noi».

Giorgio Malavasi e Denise Tegon. Sopra, il blocco dei pannelli fotovoltaici. Nell’immagine di copertina, Giorgio è davanti allo scambiatore geotermico (scatola nera) e alla pompa
© 2022 Romina Gobbo pubblicato su Avvenire - Economia e lavoro - mercoledì 25 novembre 2022 - pag. 14